da villa di campagna a museo del costume di Donnafugata
- Indirizzo del Castello: contrada Donnafugata 97100 Ragusa
- Telefono: 0932 676500
- Sito web: https://castellodonnafugata.org/visita/
Il castello era originariamente una villa di campagna. Il feudo fu acquistato nel 1648 da Vincenzo Arezzo, il I° barone di Donnafugata, da un’altra nobile famiglia siciliana i Cabrera. Ai tempi era solo una torre di avvistamento che fungeva da protezione al vasto territorio del feudo. Nei secoli successivi la famiglia Arezzo la trasformò e rese il feudo ricco e florido. Dopo la metà del 1800 fu il barone Corrado Arezzo de Spuches a trasformare la villa di villeggiatura di famiglia in un castello. Egli vi apportò assieme alla figlia, negli anni, tutti quegli elementi tali e necessari da renderlo un castello degno di un racconto fiabesco.
Il barone fu un uomo influente, come del resto lo era sempre stata la sua famiglia nel contesto aristocratico locale. Deputato del Parlamento di Sicilia nel 1848, Corrado Arezzo, fu anche attivista nel comitato rivoluzionario antiborbonico e con la nascita del Regno d’Italia fu Senatore del Regno. Inoltre nel 1865 fu Regio Commissario d’Italia all’esposizione di Dublino. Uomo eclettico e viaggiatore curioso apprezzava la cultura del Nord Europa.
Fu grazie alla sua influenza che la ferrovia arrivò a passare vicino al suo castello, così come l’ufficio postale e il telegrafo. Tanti gli ospiti del mondo dell’arte dell’epoca che frequentarono il castello. Il Barone contribuì molto all’economia locale con l’avvio della filanda dove si tesseva il cotone prodotto nei suoi vasti possedimenti terrieri.
Il castello si dispiega su una superficie di 2500 mq circondato da 8 ettari di parco. La posizione del castello è a 308 metri sul livello del mare e, dal suo bellissimo terrazzo e dalle torri superiori domina la vallata fino al Mediterraneo. L’anima della tenuta è il parco, concepito secondo l’usanza del tempo come un percorso esoterico per dare modo al visitatore di meditare in mezzo alla natura e ai suoi misteri.
Nei piani bassi della magione è conservata la “Collezione Gabriele Arezzo di Trifiletti” che consiste in una raccolta di abiti d’epoca che abbracciano 3 secoli, appartenuti sempre alla famiglia Arezzo. Il castello di Donnafugata è una meraviglia per la vista e per i sensi, visitarlo rende il viandante partecipe di una realtà persa nelle pieghe del tempo ma ancora palpabile tra le sue stanze.
Origine del nome Donnafugata..
La torre per la popolazione locale venne indicata con il nome di Torre di Bianca e in seguito acquisì il nome di Donnafugata, cioè donna in fuga per alcuni o donna rapita per altri. Questa è la leggenda. La storia pare che invece sia diversa e che il nome derivi dal termine arabo con cui i saraceni chiamavano una fonte d’acqua nei pressi del fondo, “Ayn As Jafait”, che volgarizzato nel dialetto locale si è tramutato prima in “Ronnafuata” e poi italianizzato in “Donnafugata”. Anche questa tesi è alquanto tirata per i capelli, poichè assomiglia alla storia da cui nasce il nome della frazione di Scicli, Donnalucata. Sicuramente nella storia di Bianca e di Bernardo un fondo di verità c’era.
Il castello come lo vediamo oggi
Nel castello di Donnafugata ci sono 122 stanze ma solo 28 sono fruibili al pubblico. Nei piani bassi viveva e lavorava la servitù e vi erano i magazzini. L’ingresso è stato ideato per lasciare l’accesso alle carrozze.
Entrando negli ambienti del castello quello che colpisce per primo sono i pavimenti di splendida pece nera lucida. Tipica degli antichi casati siciliani questa pavimentazione contestualizza sempre l’ambiente, quasi a voler ricordare a tutti i visitatori in quale territorio si trovino. Tra la prima sala d’accoglienza dalle pareti blu ai salotti di conversazioni per le signore e per i signori, fino alle camere dei proprietari e la foresteria per gli ospiti, il visitatore viene trasportato e catturato. Dai broccati, alle lampade sospese, dai trompe-l’oeil alle pareti e dai quadri, tutto parla di arte, amore per il gusto e ricchezza.
Ci si sente quasi proprietari di quel luogo e specchiandosi nella stanza degli specchi per un attimo i vestiti sembreranno di un'altra epoca, persi come si è in una dimensione sospesa in questo tragitto. E quando il viaggio sembra concluso il terrazzo che abbraccia la campagna circostante fino al mare, giù all’orizzonte, lascia senza fiato per la bellezza. Il bianco della pietra risplende sotto il sole e lo stile esterno neogotico veneziano del castello si illumina, incantando la vista.
il parco del castello e il percorso esoterico..
Nel parco di Donnafugata è presente la sezione di giardino all’inglese, quella alla francese e poi la natura si dispiega in un grande frutteto che un tempo era anche orto, dove venivano coltivate anche le aromatiche e si praticava l’apicoltura. Quindi una fitta boscaglia si dipana ad un certo punto davanti alla vista. Ecco che il dualismo si manifesta nel giardino. Vicino alla costruzione la natura viene circoscritta con forme geometriche ma pian piano che ci s’allontana la ragione sparisce ed entra in scena il mito. Ecco che il viaggio nel giardino diventa luogo per ritrovare sé stessi addentrandosi nella “selva oscura” che è il mondo della mente. Un percorso esoterico pensato e creato dal barone Corrado Arezzo che mette, non a caso lungo i viali, simboli allegorici.
I simboli allegorici nel parco del Castello di Donnafugata:
La collina dell’Arcadia:
La grotta platonica:
Il nuovo museo del Costume
- 460 abiti completi;
- 695 indumenti singoli;
- 1555 accessori moda;
- 72 elementi di oggettistica varia legata agli usi più disparati.
Alcuni pezzi sono custoditi in delle teche di vetro e si comprende entrando, che sono state prese tutte le precauzioni per la conservazione, difatti la temperatura è regolata dai climatizzatori per mantenere l’umidità bassa. I vestiti esposti non sono sempre gli stessi ma subiscono una rotazione, per preservarne il più possibile lo stato.
L’ambiente, evoca i tempi passati e rende più vicini i protagonisti delle storie che il castello racconta nelle sue stanze. Tra tutti gli abiti, c’è un vestito da sposa che ispirò il costume indossato da Claudia Cardinale ne “Il Gattopardo”. Difatti, il regista Luchino Visconti per calarsi nelle realtà siciliane della seconda metà dell’ottocento, prima delle riprese del film, visitò il castello di Donnafugata e la collezione di abiti degli Arezzo. In questo luogo sospeso nel tempo gli abiti, con la loro anima sono resi immortali. Non saranno più indossati, ma sempre ammirati e questo va oltre lo scorrere del tempo. Poiché, nonostante passino le mode e gli usi e costumi cambino, la bellezza delle cose a volte resta immutata per essere ammirata per secoli.